Alla ricerca della mappa perduta (S.S.I. Asso – Giacomo Rizzi)
Quando Giulia Caminada mi ha chiesto di coinvolgere le classi per “realizzare una mappa di comunità del Triangolo Lariano” ammetto di aver accolto l’invito con qualche perplessità.
Proporre una riflessione sul passato del nostro territorio a degli adolescenti abituati a rappresentarsi sui social, mi era sembrata un’impresa paragonabile alle celeberrime missions di Tom Cruise.
Tuttavia, in occasione della “Giornata della cultura popolare”, lo scorso 13 dicembre, osservando il sincero interesse dimostrato dagli alunni per le vicende narrate dai relatori, ho realizzato che l’impresa era possibile.
I ritmi della quotidianità, ai giorni nostri, vengono scanditi dalle suonerie degli smartphone; le persone prediligono comunicare a distanza e rischiano di perdere interesse per quanto le circonda. Attraverso il racconto dei relatori, invece, si percepiva chiaramente quel senso di appartenenza a una comunità che attualmente è difficile ritrovare.
Allora erano altri i suoni che facevano da sottofondo alla vita di paese : il muggito delle mucche all’ora della mungitura; il cigolio di un carro sull’acciottolato; le risa delle donne al lavatoio; il vociare degli uomini nelle osterie; il chiasso dei bambini intenti a rincorrersi; le note stridule della trombetta dell’ortolano; il richiamo del “furmagiat”.
Rumori quasi dimenticati, appartenenti a un periodo semplice e operoso, molto diverso da quello odierno.
Molte famiglie esercitavano un mestiere, da tramandare ai figli, ed erano apprezzate per il valore dei loro lavori; tutte erano designate da un soprannome. C’erano: i “Grasit”, i “Cifula”, i “Biis”, i “Banda”, i “Murnee”; i “ Bei “, i “ Tapinei”…
Ogni paese possedeva personaggi irripetibili, le cui prodezze e stravaganze al giorno d’oggi farebbero sorridere.
Erano i tempi del: “ … ci divertivamo con poco, ci divertivamo davvero!” Sembra una frase tratta da una canzone di Max Pezzali .
Di fatto, in un’epoca priva delle possibilità attuali, i ragazzi ricorrevano all’immaginazione per inventarsi giochi appassionanti e avventure memorabili.
Ho notato che alcuni dei nostri alunni, percependo il genuino rimpianto degli adulti per gli svaghi di un tempo, provano a loro volta un’inesplicabile nostalgia.
Per questi ed altri motivi, quando è iniziata la progettazione della mappa ho pensato al “triangolo” di Penrose , struttura che ben si presta a far coesistere passato , presente e futuro.
L’idea ha subito incontrato il favore dei ragazzi. In seguito, con l’aggiunta degli elementi suggeriti dai loro lavori, la mappa ha acquistato l’effetto patchwork che la caratterizza.
Non era nelle nostre intenzioni realizzare una comune carta geografica, a coloro che osservano la nostra mappa, infatti , viene richiesto un piccolo viaggio dello sguardo nelle sue forme colorate.
Anche se il significato del nostro lavoro, nell’insieme, dovesse rimanere elusivo, giudicherei un successo suscitasse la curiosità di qualcuno inducendolo a riflettere per qualche istante.
Giacomo Rizzi
docente di Arte, scuola media di Asso